Il respiro più ampio di un Sistema di Gestione dell’Energia.
Prima di monitorare un aspetto energetico (es. macchinario, apparecchiatura, linea di produzione, etc.) e migliorarne quindi le prestazioni tramite dedicati piani di azione, è necessario soffermarsi anzitutto sul volume di consumo (caratteristica qualitativa) e/o se esso sia superiore ad un x% dei consumi nell’ambito specifico di riferimento o dei consumi totali (caratteristica quantitativa).
Generalmente è qui che si fermano le valutazioni effettuate all’interno di una Diagnosi Energetica Obbligatoria (DEO) ex D. Lgs. 102/2014.
L’adozione di un Sistema di Gestione dell’Energia che rispetti i requisiti della normativa armonizzata UNI CEI EN ISO 50001:2018, permette invece di andare più a fondo nelle considerazioni dando l’opportunità di verificare se l’aspetto energetico sia anche, ad esempio:
Il primo passo per ottenere una fotografia il più realistico possibile su come l’Organizzazione utilizza l’energia al suo interno
Al fine di procedere con la realizzazione di un’analisi energetica quanto più possibile attinente con quella che è la realtà dei fatti, è necessario in primis identificare il perimetro del sistema e le fonti energetiche utilizzate al suo interno.
All’interno di tale perimetro è necessario andare ad individuare tutti gli aspetti energetici (apparecchiature, linee di produzione, servizi generali ed ausiliari) raccogliendo dati frutto di misurazioni, di calcoli, di modellizzazioni e valutandone il consumo energetico passato e presente.
Andranno poi fissati dei criteri di significatività (almeno due obbligatori: % di consumo sul totale e potenziale di miglioramento) e si rileveranno quali sono gli aspetti energetici ritenuti significativi.
In merito a tali aspetti energetici significativi sarà necessario identificare:
per arrivare poi a determinare quelle che sono le opportunità di miglioramento, con la relativa priorità di intervento e una stima dei consumi futuri.
Di seguito alcuni esempi di Interventi di natura gestionale e/o di processo ed Interventi di natura tecnica o impiantistica.
Interventi di natura gestionale e/o di processo
Interventi di natura tecnica o impiantistica
Il quadro della disciplina e le tipologie di sanzioni previste dal Decreto
Anche nei confronti degli Enti responsabili, così come nei confronti di chi commette i reati, buona parte del ruolo di prevenzione viene svolto dal sistema sanzionatorio.
Nel caso degli Enti, a differenza che per le persone loro sottoposte, le sanzioni sono statuite dallo stesso Decreto 231.
L’Ente responsabile per un reato commesso da un soggetto appartenente alla sua struttura organizzativa può essere condannato con una delle seguenti sanzioni:
Per quanto riguarda le sanzioni amministrative, l’art. 10 del Decreto sancisce che per l’illecito dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria e che per la sua determinazione il Giudice fa riferimento al meccanismo delle quote che si articola in due parametri:
Le sanzioni interdittive comportano una limitazione temporanea (non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni) dell’esercizio di una facoltà o di un diritto legato all’attività di impresa dell’Ente. Ai sensi dell’art. 13 del Decreto, esse si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste e quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
Un’alternativa alla sanzione interdittiva può essere la nomina da parte del Giudice di un commissario. L’art. 15 del Decreto dispone infatti che in luogo dell’interruzione temporanea dell’attività può essere disposto il commissariamento dell’Ente ma solo se sussiste una delle seguenti condizioni:
In ordine alla confisca, l’art. 19 del Decreto stabilisce che nei confronti dell’Ente è sempre disposta, con sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato.
In ultima analisi, l’art. 18 del Decreto stabilisce che la pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell’Ente viene applicata una sanzione interdittiva; tale sanzione amministrativa ha un carattere accessorio in quanto la sua applicazione può avvenire solo contestualmente a una sanzione amministrativa ed è adottata in base alla discrezionalità del Giudice. La pubblicazione della sentenza di condanna opera nei casi più gravi come pubblicità denigratoria nei confronti dell’Ente responsabile.
In cosa consiste adottare ed attuare un MOG?
Adottare e attuare un Modello Organizzativo efficace vuol dire progettare ed applicare un meccanismo basato sul contemporaneo esercizio di delega e controllo, ovvero di direzione e vigilanza che possa:
I passi logici per la costruzione ed implementazione del MOG si basano sulla sequenza delle prescrizioni di cui agli artt. 5, 6 e 7 del D. Lgs. 231/2001 e devono partire da una doverosa sessione di risk assessment, ovvero di attività di analisi volta alla determinazione e delimitazione delle aree di rischio potenziale e delle aree critiche sulle quali deve maggiormente focalizzarsi il rischio stesso.
Le attività per realizzare un Modello Organizzativo “231” saranno quindi:
Sommariamente, relativamente alle caratteristiche delle 3 fasi sopra elencate, si può affermare che:
La ripartizione dell’onere della prova a seguito della commissione di un reato commesso da parte di un suo soggetto apicale o sottoposto
A seguito della realizzazione di una delle figure criminose di cui al Decreto, l’Ente si deve difendere dimostrando l’esistenza congiunta di tutti i requisiti richiesti con modalità diverse a seconda di chi è stato imputato di reato: apicale o sottoposto.
Nel caso di reato commesso da figura apicale, se l’Ente vuole essere esentato da responsabilità deve dimostrare, con onere della prova a suo carico di:
Nel caso invece di un reato commesso da sottoposto di figura apicale, l’Organizzazione non sarà responsabile se la pubblica accusa, con un ribaltamento dell’onere della prova rispetto agli apicali, non riesca a dimostrare che:
Quali sono gli elementi sulla base dei quali è possibile delineare una responsabilità dell’Organizzazione
Affinché si possa configurare un coinvolgimento dell’Ente per un reato commesso da parte dei suoi amministratori, manager e/o dipendenti, è necessario che siano presenti determinate condizioni, sia soggettive che oggettive.
Le condizioni soggettive riguardano la tipologia di persone e la tipologia di Ente assoggettabile, mentre quelle oggettive concernono la tipologia di reato e la condizione di vantaggio o interesse per l’Ente.
Per quanto riguarda la tipologia di persone, ci si riferisce alle caratteristiche che deve avere il soggetto che commette il reato affinché l’Ente possa essere chiamato ad una qualche responsabilità.
In base ad una stretta interpretazione del Decreto è possibile individuare:
SOGGETTI APICALI
SOGGETTI SOTTOPOSTI AGLI APICALI
In relazione alla tipologia di Ente assoggettabile è possibile affermare che, in base alla lettura del Decreto, esso si applica di fatto a qualsiasi Ente privato o pubblico con un qualsivoglia interesse privato e che persegua in modo organizzato il fine di realizzazione di un profitto.
Si precisa che l’applicabilità riguarda Enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Restano esclusi lo Stato, gli Enti Pubblici Territoriali, gli altri Enti Pubblici non economici che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Passando in rassegna i requisiti oggettivi, per quanto riguarda la tipologia di reati che possono determinare un coinvolgimento dell’Ente ci si rifà direttamente al catalogo di cui al Decreto che ne individua 18 categorie specifiche.
L’altro requisito oggettivo, la condizione di vantaggio o interesse per l’Ente, si sostanzia infine nel fatto che sia necessario che la condotta criminosa dell’individuo sia attuata nell’interesse o a vantaggio dell’Organizzazione.
In termini pratici, l’interesse è una situazione di carattere qualitativo, non misurabile ed esistente ancora prima di commettere il reato.
Il vantaggio, invece. è una condizione quantitativa e si può valutare solo a fatto compiuto, ovvero misurando l’utilità marginale che la condotta criminosa ha procurato all’Ente.
L’alternatività di queste due condizioni lascia poche maglie alla possibilità che l’Ente NON sia chiamato a rispondere per la mancanza di interesse o vantaggio. Questi infatti possono combinarsi in diverse situazioni:
Le potenziali debolezze dei sistemi di gestione della SSL
Uno dei più frequenti malintesi in ordine alla corretta soddisfazione del requisito di cui al punto 9.1.2 è rappresentato dal fatto che esso riguardi, ad esempio, che il registro legale sia aggiornato e che tutta la legislazione eventualmente modificata sia sta considerata piuttosto che aspetti come:
L’aggiornamento del registro legale e più in generale il rispetto delle normative cogenti aggiornate alle ultime modifiche è, infatti, già oggetto del requisito di cui al punto 6.1.3 ovvero la “Determinazione dei requisiti legali e di altri requisiti”.
Quest’ultimo considera elementi come:
Il punto 9.1.2, ovvero la “Valutazione della conformità”, richiede invece che l’Organizzazione prenda in considerazione:
Il punto 8.1.4 della UNI ISO 45001:2018
Nella UNI ISO 45001:2018 viene ulteriormente amplificata la rilevanza di alcune tematiche come in particolare l’approvvigionamento (punto 8.1.4 della norma) nel quale si pone l’accento su:
La norma specifica che l’Organizzazione deve garantire che i requisiti del proprio SSL siano soddisfatti dai contraenti e dai loro lavoratori.
I processi di approvvigionamento dell’Organizzazione devono definire e applicare i criteri di salute e sicurezza sul lavoro per la selezione degli appaltatori.
A tal fine, il primo passo fondamentale è quello di assicurare che questi ultimi rispettino tutti i requisiti tecnico-professionali e legali applicabili e che siano in grado di soddisfare, direttamente e/o tramite subappaltatori e loro addetti, i requisiti specifici dell’Organizzazione presso cui andranno ad operare.
Una previsione questa di cui è possibile rinvenirne anche la valenza giuridica nell’art. 26 comma 1 lettera a) del D. Lgs. 81/08: il Datore di Lavoro ha l’obbligo di valutare l’idoneità tecnico professionale dell’appaltatore.
Per verifica dell’idoneità tecnico-professionale “si intende la procedura di verifica delle capacità tecniche ed organizzative che debbono essere possedute, e dimostrate, dalle Imprese e dai lavoratori autonomi selezionati, in relazione all’oggetto degli interventi da effettuare”. Tale verifica può essere attuata anche, ma non solo, attraverso l’acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, inerente i lavori affidati e dell’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale.
Riassumendo quelli che sono i principali adempimenti al fine di garantire, in primis, la compliance cogente ex D. Lgs. 81/08 ed, in secundis, quella rispetto ai requisiti della UNI ISO 45001:2018, l’Organizzazione dovrà:
Ecco quindi che, alla luce di quanto innanzi, la conformità rispetto ai requisiti posti dalla normativa armonizzata rappresenta un fattore agevolante per l’Organizzazione rispetto anche al raggiungimento della compliance legale ex art. 26 D. Lgs. 81/08: un’esclusiva verifica documentale circa la sussistenza dei requisiti legali ed aziendali dei fornitori e subfornitori sarà infatti ritenuta insufficiente per esonerare il committente da una responsabilità in solido con l’appaltatore nel momento in cui si dovesse appurare il verificarsi della commissione di un reato legato ad infortunio (ex artt. 589 o 590 c.p.).
Il committente, infatti, sarà ritenuto negligente per aver scelto l’appaltatore che si dimostri professionalmente inadeguato e incompetente (art. 43 c.p.), non avendo esercitato il potere impeditivo che la legge attribuisce al committente che deve scegliere l’appaltatore previa verifica dell’idoneità tecnico-professionale formale e sostanziale (art. 40 c.p.).
Le novità introdotte dalla norma ed il rapporto con il Documento di Valutazione dei Rischi
In base a quanto stabilito dal Punto considerato, l’Organizzazione deve stabilire attuare e mantenere uno o più processi per l’identificazione continua e proattiva dei pericoli, tenendo conto ma non limitandosi a:
a) Come è organizzato il lavoro;
b) Attività e situazioni routinarie e no;
c) Incidenti rilevanti accaduti, interni o esterni, emergenze incluse;
d) Situazioni di potenziale emergenza;
e) Persone;
f) Altri fattori quali la progettazione di aree di lavoro, situazione che si verificano nelle vicinanze;
g) Cambiamenti in generale;
Oltre a quanto già indicato dallo standard OHSAS 18001, viene quindi esplicitato che l’identificazione dei pericoli deve includere:
– Incidenti accaduti, interni ed esterni all’organizzazione;
– Fattori sociali, leadership e cultura organizzativa;
– Emergenze;
– Persone nelle vicinanze del luogo di lavoro influenzate dalle attività dell’organizzazione;
– Lavoratori in un luogo non sotto il controllo dell’organizzazione;
– Cambiamenti nella conoscenza e nelle informazioni sui pericoli.
Elementi dei quali, per la gran parte, è possibile trovare informazioni all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) aziendale che il Datore di Lavoro ha l’obbligo, tra l’altro non delegabile, di redigere ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. 81/2008.
Al fine però di garantire una piena “compliance” rispetto alla normativa armonizzata di recente introduzione, la sola redazione del DVR potrebbe non essere del tutto una soluzione esaustiva.
Potrebbe rendersi infatti necessario dimostrare in sede di audit che nella valutazione dei rischi ed opportunità della SSL vengono adottate delle metodologie pro attive e sistematiche: presentare agli auditor il processo di valutazione dei rischi ed opportunità ed i risultati ottenuti, sia come parte aggiuntiva al DVR, sia come informazione documentata a sé stante, può rappresentare sicuramente un’implementazione adeguata per soddisfare i quesiti posti in sede di verifica.
Quali responsabilità devono assumersi i lavoratori con la UNI ISO 45001:2018
La necessità di allineare il Sistema di gestione per la Sicurezza agli altri Sistemi di Gestione con validità internazionale, ha fatto si che dopo un lungo processo di revisione, iniziato nel marzo 2013 e conclusosi nel marzo 2018, sia stato pubblicato il nuovo standard ISO 45001:2018 che sostituirà il precedente BS OHSAS 18001:2007 (Standard inglese della gestione della salute e sicurezza dei lavoratori).
La data del 12 Marzo 2020, inizialmente considerata come deadline per tutte le Organizzazioni impegnate nella transizione dallo standard BS OHSAS alla nuova ISO, è stata prorogata al 11 Settembre 2021 per far fronte alla pandemia da COVID-19.
Accanto alle modifiche principali riguardanti l’introduzione della Struttura ad Alto Livello (HLS), allineandola con quelle, ad esempio, della ISO 9001 ed ISO 14001, un significativo cambiamento è sicuramente rappresentato dal maggiore coinvolgimento nel processo decisionale dei lavoratori e, ove presenti, dei loro rappresentanti.
La normativa volontaria, quindi, va ad affiancare le già esistenti disposizioni cogenti del D. Lgs. 81/2008 di cui agli artt. 15, 18, 29 e 50 relativamente alle consultazioni e coinvolgimento del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
Il concetto di coinvolgimento ne esce addirittura rafforzato poiché all’interno della sezione 5 “Leadership” è stato inserito un paragrafo ad hoc, il 5.4 (non presente ad esempio nella ISO 9001 o nella 14001) che sottolinea il dovere dell’Organizzazione di “stabilire, attuare e mantenere uno o più processi per la consultazione e la partecipazione dei lavoratori a tutti i livelli e funzioni applicabili …”.
Non soltanto più, quindi, ad un livello di Rappresentanza.
Quando si parla di partecipazione dei lavoratori si pensa sempre (o quasi esclusivamente) alle attività che deve compiere il datore di lavoro per invogliare i lavoratori ad acquisire consapevolezza dei rischi, delle misure di prevenzione, delle partecipazione alle riunioni ed a seguire i corsi di formazione.
Nella realtà si assiste molto spesso ad una partecipazione passiva e disinteressata da parte dei lavoratori. In alcuni casi, per motivi culturali i lavoratori nutrono l’esigenza e l’aspettativa di eseguire solamente le mansioni assegnate senza essere “coinvolti” in altre attività.
In questi casi l’impegno della Leadership deve essere proprio quello di saper traghettare i lavoratori da uno scenario di attenzione riposta solamente all’esecuzione di mansioni ad uno scenario in cui subentra un livello di consapevolezza maggiore dei rischi presenti e della necessità di collaborare per ridurli ed eliminarli.
Alcuni suggerimenti per coinvolgere i lavoratori e dimostrare la conformità alla norma potrebbero ad esempio essere:
Affinchè la consultazione e la partecipazione possano avvenire l’organizzazione deve:
Le barriere e gli ostacoli si possono intendere come la mancata risposta alle richieste od ai suggerimenti dei lavoratori, le barriere linguistiche o culturali, ritorsioni o minacce di ritorsioni nel caso di lamentele o critiche.
In conclusione la consultazione e la partecipazione dei lavoratori implica un dialogo ed uno scambio a due direzioni tra l’Organizzazione e le maestranze: la prima deve mettere a disposizione dei lavoratori, o dei loro rappresentanti, le informazioni necessarie affinché i secondi possano fornire un feedback che dovrà essere preso in considerazione prima di prendere una decisione.
Questo è da considerarsi il vero cambio sostanziale dalla 18001 alla 45001 e dovrà rappresentare un impegno per tutte le Organizzazioni, sia quelle impegnate nella transizione dal precedente standard, sia quelle che desiderano implementare ex novo la nuova norma.