Archivio annuale 2021

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Il SGE ISO 50001 e la Diagnosi Energetica Obbligatoria (DEO)

Il respiro più ampio di un Sistema di Gestione dell’Energia.

Prima di monitorare un aspetto energetico (es. macchinario, apparecchiatura, linea di produzione, etc.) e migliorarne quindi le prestazioni tramite dedicati piani di azione, è necessario soffermarsi anzitutto sul volume di consumo (caratteristica qualitativa) e/o se esso sia superiore ad un x% dei consumi nell’ambito specifico di riferimento o dei consumi totali (caratteristica quantitativa).

Generalmente è qui che si fermano le valutazioni effettuate all’interno di una Diagnosi Energetica Obbligatoria (DEO) ex D. Lgs. 102/2014.

L’adozione di un Sistema di Gestione dell’Energia che rispetti i requisiti della normativa armonizzata UNI CEI EN ISO 50001:2018, permette invece di andare più a fondo nelle considerazioni dando l’opportunità di verificare se l’aspetto energetico sia anche, ad esempio:

  • Fonte di emissioni di gas a effetto serra;
  • Causa di consumo di risorse naturali (es. pompaggio acqua per raffreddamento);
  • In conflitto con costi specifici di misurazione ovvero verificare se i costi per effettuare le misurazioni siano maggiori dei risparmi economici ottenibili;
  • Confrontabile con un benchmark;
  • Correlato all’obsolescenza del macchinario/apparecchiatura e/o tecnologia utilizzata;
  • Cruciale in termini di conformità legislativa;
  • Associato a un miglioramento che è possibile comunicare a terze parti;
  • Legato ad un potenziale rischio di fermo impianto molto elevato.
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UNI CEI EN 50001:2018 – L’analisi energetica

Il primo passo per ottenere una fotografia il più realistico possibile su come l’Organizzazione utilizza l’energia al suo interno

Al fine di procedere con la realizzazione di un’analisi energetica quanto più possibile attinente con quella che è la realtà dei fatti, è necessario in primis identificare il perimetro del sistema e le fonti energetiche utilizzate al suo interno.

All’interno di tale perimetro è necessario andare ad individuare tutti gli aspetti energetici (apparecchiature, linee di produzione, servizi generali ed ausiliari) raccogliendo dati frutto di misurazioni, di calcoli, di modellizzazioni e valutandone il consumo energetico passato e presente.

Andranno poi fissati dei criteri di significatività (almeno due obbligatori: % di consumo sul totale e potenziale di miglioramento) e si rileveranno quali sono gli aspetti energetici ritenuti significativi.

In merito a tali aspetti energetici significativi sarà necessario identificare:

  • i fattori che comportano un maggiore o minore consumo a parità di output finale (es. umidità dell’aria esterna, temperatura aria esterna, caratteristiche del ciclo produttivo, quantità di prodotto finale, etc.);
  • il personale coinvolto nelle operazioni e nelle valutazioni;

per arrivare poi a determinare quelle che sono le opportunità di miglioramento, con la relativa priorità di intervento e una stima dei consumi futuri.

Di seguito alcuni esempi di Interventi di natura gestionale e/o di processo ed Interventi di natura tecnica o impiantistica.

Interventi di natura gestionale e/o di processo

  • Procedure;
  • Formazione specifica;
  • Definizione di obiettivi per funzione;
  • Definizione di specifiche responsabilità;
  • Definizione di tempi e modalità di utilizzo delle apparecchiature;
  • Ricontrattazione forniture energetiche;

Interventi di natura tecnica o impiantistica

  • Macchinari ad alta efficienza, edifici, attrezzature;
  • Riassetto delle taglie delle apparecchiature;
  • Recuperi termici;
  • Coibentazioni, riduzione perdite;
  • Progettazione dei prodotti ottimizzata in funzione delle performance energetiche;
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D. Lgs. 231/2001 – Il sistema sanzionatorio

Il quadro della disciplina e le tipologie di sanzioni previste dal Decreto

Anche nei confronti degli Enti responsabili, così come nei confronti di chi commette i reati, buona parte del ruolo di prevenzione viene svolto dal sistema sanzionatorio.

Nel caso degli Enti, a differenza che per le persone loro sottoposte, le sanzioni sono statuite dallo stesso Decreto 231.

L’Ente responsabile per un reato commesso da un soggetto appartenente alla sua struttura organizzativa può essere condannato con una delle seguenti sanzioni:

  • sanzioni amministrative come la sanzione pecuniaria;
  • sanzioni interdittive o, alternativamente, la nomina di un commissario giudiziale;
  • la confisca;
  • pubblicazione della sentenza di condanna;

Per quanto riguarda le sanzioni amministrative, l’art. 10 del Decreto sancisce che per l’illecito dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria e che per la sua determinazione il Giudice fa riferimento al meccanismo delle quote che si articola in due parametri:

  • determinazione dell’ammontare del numero delle quote;
  • determinazione del valore monetario della singola quota, calcolato sulla base delle condizioni economiche e patrimoniali della persona giuridica chiamata a rispondere.

Le sanzioni interdittive comportano una limitazione temporanea (non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni) dell’esercizio di una facoltà o di un diritto legato all’attività di impresa dell’Ente. Ai sensi dell’art. 13 del Decreto, esse si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste e quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

  • l’Ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione;
  • in caso di reiterazione degli illeciti.

Un’alternativa alla sanzione interdittiva può essere la nomina da parte del Giudice di un commissario. L’art. 15 del Decreto dispone infatti che in luogo dell’interruzione temporanea dell’attività può essere disposto il commissariamento dell’Ente ma solo se sussiste una delle seguenti condizioni:

  • l’Ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica utilità la cui interruzione potrebbe provocare un grave pregiudizio alla collettività;
  • l’interruzione dell’attività dell’Ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione.

In ordine alla confisca, l’art. 19 del Decreto stabilisce che nei confronti dell’Ente è sempre disposta, con sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato.

In ultima analisi, l’art. 18 del Decreto stabilisce che la pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell’Ente viene applicata una sanzione interdittiva; tale sanzione amministrativa ha un carattere accessorio in quanto la sua applicazione può avvenire solo contestualmente a una sanzione amministrativa ed è adottata in base alla discrezionalità del Giudice. La pubblicazione della sentenza di condanna opera nei casi più gravi come pubblicità denigratoria nei confronti dell’Ente responsabile.

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L’adozione e l’attuazione del Modello Organizzativo ex D. Lgs. 231/2001

In cosa consiste adottare ed attuare un MOG?

Adottare e attuare un Modello Organizzativo efficace vuol dire progettare ed applicare un meccanismo basato sul contemporaneo esercizio di delega e controllo, ovvero di direzione e vigilanza che possa:

  • PREVENIRE la commissione dei reati;
  • CONTROLLARE il comportamento dei soggetti a rischio;
  • DIMOSTRARE l’estraneità dell’Organizzazione rispetto ai fatti commessi dagli apicali;
  • RESISTERE alla presunzione di responsabilità avanzata dal Pubblico Ministero nel caso di reati commessi dai sottoposti (se il Modello è esteso anche ai sottoposti);

I passi logici per la costruzione ed implementazione del MOG si basano sulla sequenza delle prescrizioni di cui agli artt. 5, 6 e 7 del D. Lgs. 231/2001 e devono partire da una doverosa sessione di risk assessment, ovvero di attività di analisi volta alla determinazione e delimitazione delle aree di rischio potenziale e delle aree critiche sulle quali deve maggiormente focalizzarsi il rischio stesso.

Le attività per realizzare un Modello Organizzativo “231” saranno quindi:

  • Organizzare una sessione di risk assessment;
  • Progettare e costruire di conseguenza il Modello Organizzativo (adozione);
  • Implementare il Modello (attuazione);

Sommariamente, relativamente alle caratteristiche delle 3 fasi sopra elencate, si può affermare che:

  • l’attività di risk assessment è composta dall’analisi, valutazione e descrizione dei processi aziendali, dall’individuazione degli apicali e dei sottoposti, dall’individuazione dei reati potenziali e da una mappatura complessiva;
  • l’adozione del Modello (ovvero la sua progettazione) passa per attività di Prevenzione (es. adozione di un Codice Etico e di un Sistema Disciplinare) e di Controllo (es. istituzione di Organismo di Vigilanza, garanzia della correttezza dei Flussi Informativi);
  • l’attuazione del Modello (ovvero la sua implementazione) passa attraverso l’esecuzione degli interventi necessari risultanti dal risk assessment e dalla messa in opera sia del sistema di prevenzione che del sistema di controllo.
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D. Lgs. 231/2001 – I requisiti esimenti da responsabilità

La ripartizione dell’onere della prova a seguito della commissione di un reato commesso da parte di un suo soggetto apicale o sottoposto

A seguito della realizzazione di una delle figure criminose di cui al Decreto, l’Ente si deve difendere dimostrando l’esistenza congiunta di tutti i requisiti richiesti con modalità diverse a seconda di chi è stato imputato di reato: apicale o sottoposto.

Nel caso di reato commesso da figura apicale, se l’Ente vuole essere esentato da responsabilità deve dimostrare, con onere della prova a suo carico di:

  • aver adottato un modello organizzativo di prevenzione e controllo;
  • averlo attuato;
  • avere vigilato sul suo funzionamento;
  • che la figura apicale che ha commesso il reato, lo abbia fatto aggirando fraudolentemente il modello organizzativo;
  • che l’Organismo di Vigilanza abbia fatto il suo dovere non attuando comportamenti omissivi o negligenti.

Nel caso invece di un reato commesso da sottoposto di figura apicale, l’Organizzazione non sarà responsabile se la pubblica accusa, con un ribaltamento dell’onere della prova rispetto agli apicali, non riesca a dimostrare che:

  • la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza da parte degli apicali;
  • se esiste un modello organizzativo che prevede la direzione e la vigilanza da parte degli apicali sui sottoposti, che detto modello non risponda ai criteri di efficienza o che i meccanismi di direzione e vigilanza non abbiano funzionato.
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I requisiti applicativi del D. Lgs. 231/2001

Quali sono gli elementi sulla base dei quali è possibile delineare una responsabilità dell’Organizzazione

Affinché si possa configurare un coinvolgimento dell’Ente per un reato commesso da parte dei suoi amministratori, manager e/o dipendenti, è necessario che siano presenti determinate condizioni, sia soggettive che oggettive.

Le condizioni soggettive riguardano la tipologia di persone e la tipologia di Ente assoggettabile, mentre quelle oggettive concernono la tipologia di reato e la condizione di vantaggio o interesse per l’Ente.

Per quanto riguarda la tipologia di persone, ci si riferisce alle caratteristiche che deve avere il soggetto che commette il reato affinché l’Ente possa essere chiamato ad una qualche responsabilità.

In base ad una stretta interpretazione del Decreto è possibile individuare:

SOGGETTI APICALI

  • figure che sono incaricate dall’Ente come portatrici di deleghe e di potere (soggetti apicali di diritto);
  • figure che, anche se non sono formali portatrici di deleghe e di potere all’interno dell’Ente, si comportano e agiscono come se lo fossero (soggetti apicali di fatto);

SOGGETTI SOTTOPOSTI AGLI APICALI

  • soggetti che, seppur non nelle condizioni di portatori di deleghe formali, sono comunque in grado di commettere reati di cui al Decreto e coinvolgere l’Ente in quanto soggetti a direzione e controllo degli apicali medesimi.

In relazione alla tipologia di Ente assoggettabile è possibile affermare che, in base alla lettura del Decreto, esso si applica di fatto a qualsiasi Ente privato o pubblico con un qualsivoglia interesse privato e che persegua in modo organizzato il fine di realizzazione di un profitto.

Si precisa che l’applicabilità riguarda Enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Restano esclusi lo Stato, gli Enti Pubblici Territoriali, gli altri Enti Pubblici non economici che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

Passando in rassegna i requisiti oggettivi, per quanto riguarda la tipologia di reati che possono determinare un coinvolgimento dell’Ente ci si rifà direttamente al catalogo di cui al Decreto che ne individua 18 categorie specifiche.

L’altro requisito oggettivo, la condizione di vantaggio o interesse per l’Ente, si sostanzia infine nel fatto che sia necessario che la condotta criminosa dell’individuo sia attuata nell’interesse o a vantaggio dell’Organizzazione.

In termini pratici, l’interesse è una situazione di carattere qualitativo, non misurabile ed esistente ancora prima di commettere il reato.

Il vantaggio, invece. è una condizione quantitativa e si può valutare solo a fatto compiuto, ovvero misurando l’utilità marginale che la condotta criminosa ha procurato all’Ente.

L’alternatività di queste due condizioni lascia poche maglie alla possibilità che l’Ente NON sia chiamato a rispondere per la mancanza di interesse o vantaggio. Questi infatti possono combinarsi in diverse situazioni:

  • il caso in cui ci sia interesse e vantaggio per l’Ente (la progettualità e compimento del reato);
  • il caso in cui sia solo l’interesse per l’Ente (beneficio potenziale nelle intenzioni) senza un vantaggio (misurabile);
  • il caso in cui ci sia solo il vantaggio per l’Ente (utilità marginale) senza che lo stesso sia coinvolto a livello progettuale, ovvero nelle intenzioni.
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La valutazione della conformità: i possibili equivoci tra il punto 6.1.3 ed il punto 9.1.2 della UNI ISO 45001:2018

Le potenziali debolezze dei sistemi di gestione della SSL

Uno dei più frequenti malintesi in ordine alla corretta soddisfazione del requisito di cui al punto 9.1.2 è rappresentato dal fatto che esso riguardi, ad esempio, che il registro legale sia aggiornato e che tutta la legislazione eventualmente modificata sia sta considerata piuttosto che aspetti come:

  • la frequenza della valutazione della conformità;
  • l’azione concreta rispetto alla valutazione della conformità;
  • il mantenimento della conoscenza e della comprensione del proprio stato di conformità;
  • la valutazione delle informazioni documentate quali evidenza della conformità;

L’aggiornamento del registro legale e più in generale il rispetto delle normative cogenti aggiornate alle ultime modifiche è, infatti, già oggetto del requisito di cui al punto 6.1.3 ovvero la “Determinazione dei requisiti legali e di altri requisiti”.

Quest’ultimo considera elementi come:

  • l’identificazione e la possibilità di avere accesso agli obblighi di conformità applicabili aggiornati;
  • la determinazione di come questi obblighi si applicano all’Organizzazione;
  • la rilevanza di tali requisiti legali e di altro tipo quando questi vengono implementati, mantenuti o quando si migliora il sistema di gestione della SSL;

Il punto 9.1.2, ovvero la “Valutazione della conformità”, richiede invece che l’Organizzazione prenda in considerazione:

  • come e quanto spesso si verificherà se sono soddisfatti i requisiti di un determinato articolo di legge/obbligo e come il relativo processo determini con quale frequenza ciò avverrà;
  • come effettuare una valutazione rispetto ai requisiti applicabili o ad altri impegni per verificare se essi sono soddisfatti. In caso contrario, potrebbe essere necessario intraprendere qualsiasi azione necessaria per raggiungere la conformità;
  • come essa verrà a conoscenza del fatto che, nel momento in cui un requisito dovesse cambiare, sia necessario introdurre delle modifiche e se e come esse influiranno sulla conformità. Se si apporta una modifica ad una operazione, potrebbe essere necessario valutare infatti se si continuano a soddisfare tutti i requisiti, sia durante che dopo la modifica;
  • che la valutazione debba essere comunque supportata da evidenze documentali/registrazioni circa il grado di conformità (lett. d. 9.1.2 “conservare informazioni documentate dei risultati della valutazione della conformità).
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Approvvigionamento e appaltatori

Il punto 8.1.4 della UNI ISO 45001:2018

Nella UNI ISO 45001:2018 viene ulteriormente amplificata la rilevanza di alcune tematiche come in particolare l’approvvigionamento (punto 8.1.4 della norma) nel quale si pone l’accento su:

  • attività e operazioni degli appaltatori che hanno un impatto sull’Organizzazione;
  • le attività e le operazioni dell’organizzazione che hanno un impatto sui lavoratori degli appaltatori;
  • le attività e le operazioni degli appaltatori che hanno un impatto su altre parti interessate sul luogo di lavoro.

La norma specifica che l’Organizzazione deve garantire che i requisiti del proprio SSL siano soddisfatti dai contraenti e dai loro lavoratori.

I processi di approvvigionamento dell’Organizzazione devono definire e applicare i criteri di salute e sicurezza sul lavoro per la selezione degli appaltatori.

A tal fine, il primo passo fondamentale è quello di assicurare che questi ultimi rispettino tutti i requisiti tecnico-professionali e legali applicabili e che siano in grado di soddisfare, direttamente e/o tramite subappaltatori e loro addetti, i requisiti specifici dell’Organizzazione presso cui andranno ad operare.

Una previsione questa di cui è possibile rinvenirne anche la valenza giuridica nell’art. 26 comma 1 lettera a) del D. Lgs. 81/08: il Datore di Lavoro ha l’obbligo di valutare l’idoneità tecnico professionale dell’appaltatore.

Per verifica dell’idoneità tecnico-professionale “si intende la procedura di verifica delle capacità tecniche ed organizzative che debbono essere possedute, e dimostrate, dalle Imprese e dai lavoratori autonomi selezionati, in relazione all’oggetto degli interventi da effettuare”. Tale verifica può essere attuata anche, ma non solo, attraverso l’acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercioindustria e artigianato, inerente i lavori affidati e dell’autocertificazione dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale.

Riassumendo quelli che sono i principali adempimenti al fine di garantire, in primis, la compliance cogente ex D. Lgs. 81/08 ed, in secundis, quella rispetto ai requisiti della UNI ISO 45001:2018, l’Organizzazione dovrà:

  • garantire che il processo di approvvigionamento definisca formalmente criteri di selezione degli appaltatori, in termini di salute e sicurezza sul lavoro, coerenti con i requisiti legali ed i requisiti aziendali;
  • garantire, attraverso l’implementazione di procedura ad hoc, la selezione e qualifica iniziale dei fornitori e dei subfornitori;
  • garantire, attraverso l’implementazione di idonei processi, la sorveglianza sul mantenimento della qualifica dei fornitori e dei subfornitori stessi, durante la fase esecutiva dell’appalto e i relativi controlli operativi.

Ecco quindi che, alla luce di quanto innanzi, la conformità rispetto ai requisiti posti dalla normativa armonizzata rappresenta un fattore agevolante per l’Organizzazione rispetto anche al raggiungimento della compliance legale ex art. 26 D. Lgs. 81/08: un’esclusiva verifica documentale circa la sussistenza dei requisiti legali ed aziendali dei fornitori e subfornitori sarà infatti ritenuta insufficiente per esonerare il committente da una responsabilità in solido con l’appaltatore nel momento in cui si dovesse appurare il verificarsi della commissione di un reato legato ad infortunio (ex artt. 589 o 590 c.p.).

Il committente, infatti, sarà ritenuto negligente per aver scelto l’appaltatore che si dimostri professionalmente inadeguato e incompetente (art. 43 c.p.), non avendo esercitato il potere impeditivo che la legge attribuisce al committente che deve scegliere l’appaltatore previa verifica dell’idoneità tecnico-professionale formale e sostanziale (art. 40 c.p.).

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UNI ISO 45001:2018 – Punto 6.1.2 “Identificazione dei pericoli e valutazione dei rischi e delle opportunità”

Le novità introdotte dalla norma ed il rapporto con il Documento di Valutazione dei Rischi

In base a quanto stabilito dal Punto considerato, l’Organizzazione deve stabilire attuare e mantenere uno o più processi per l’identificazione continua e proattiva dei pericoli, tenendo conto ma non limitandosi a:

a) Come è organizzato il lavoro;

b) Attività e situazioni routinarie e no;

c) Incidenti rilevanti accaduti, interni o esterni, emergenze incluse;

d) Situazioni di potenziale emergenza;

e) Persone;

f) Altri fattori quali la progettazione di aree di lavoro, situazione che si verificano nelle vicinanze;

g) Cambiamenti in generale;

Oltre a quanto già indicato dallo standard OHSAS 18001, viene quindi esplicitato che l’identificazione dei pericoli deve includere:

– Incidenti accaduti, interni ed esterni all’organizzazione;

– Fattori sociali, leadership e cultura organizzativa;

– Emergenze;

– Persone nelle vicinanze del luogo di lavoro influenzate dalle attività dell’organizzazione;

– Lavoratori in un luogo non sotto il controllo dell’organizzazione;

– Cambiamenti nella conoscenza e nelle informazioni sui pericoli.

Elementi dei quali, per la gran parte, è possibile trovare informazioni all’interno del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) aziendale che il Datore di Lavoro ha l’obbligo, tra l’altro non delegabile, di redigere ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. 81/2008.

Al fine però di garantire una piena “compliance” rispetto alla normativa armonizzata di recente introduzione, la sola redazione del DVR potrebbe non essere del tutto una soluzione esaustiva.

Potrebbe rendersi infatti necessario dimostrare in sede di audit che nella valutazione dei rischi ed opportunità della SSL vengono adottate delle metodologie pro attive e sistematiche: presentare agli auditor il processo di valutazione dei rischi ed opportunità ed i risultati ottenuti, sia come parte aggiuntiva al DVR, sia come informazione documentata a sé stante, può rappresentare sicuramente un’implementazione adeguata per soddisfare i quesiti posti in sede di verifica.

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Consultazione e partecipazione dei lavoratori

Quali responsabilità devono assumersi i lavoratori con la UNI ISO 45001:2018

La necessità di allineare il Sistema di gestione per la Sicurezza agli altri Sistemi di Gestione con validità internazionale, ha fatto si che dopo un lungo processo di revisione, iniziato nel marzo 2013 e conclusosi nel marzo 2018, sia stato pubblicato il nuovo standard ISO 45001:2018 che sostituirà il precedente BS OHSAS 18001:2007 (Standard inglese della gestione della salute e sicurezza dei lavoratori).

La data del 12 Marzo 2020, inizialmente considerata come deadline per tutte le Organizzazioni impegnate nella transizione dallo standard BS OHSAS alla nuova ISO, è stata prorogata al 11 Settembre 2021 per far fronte alla pandemia da COVID-19.

Accanto alle modifiche principali riguardanti l’introduzione della Struttura ad Alto Livello (HLS), allineandola con quelle, ad esempio, della ISO 9001 ed ISO 14001, un significativo cambiamento è sicuramente rappresentato dal maggiore coinvolgimento nel processo decisionale dei lavoratori e, ove presenti, dei loro rappresentanti.

La normativa volontaria, quindi, va ad affiancare le già esistenti disposizioni cogenti del D. Lgs. 81/2008 di cui agli artt. 15, 18, 29 e 50 relativamente alle consultazioni e coinvolgimento del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).

Il concetto di coinvolgimento ne esce addirittura rafforzato poiché all’interno della sezione 5 “Leadership” è stato inserito un paragrafo ad hoc, il 5.4 (non presente ad esempio nella ISO 9001 o nella 14001) che sottolinea il dovere dell’Organizzazione di “stabilire, attuare e mantenere uno o più processi per la consultazione e la partecipazione dei lavoratori a tutti i livelli e funzioni applicabili …”.

Non soltanto più, quindi, ad un livello di Rappresentanza.

Quando si parla di partecipazione dei lavoratori si pensa sempre (o quasi esclusivamente) alle attività che deve compiere il datore di lavoro per invogliare i lavoratori ad acquisire consapevolezza dei rischi, delle misure di prevenzione, delle partecipazione alle riunioni ed a seguire i corsi di formazione.

Nella realtà si assiste molto spesso ad una partecipazione passiva e disinteressata da parte dei lavoratori. In alcuni casi, per motivi culturali i lavoratori nutrono l’esigenza e l’aspettativa di eseguire solamente le mansioni assegnate senza essere “coinvolti” in altre attività.

In questi casi l’impegno della Leadership deve essere proprio quello di saper traghettare i lavoratori da uno scenario di attenzione riposta solamente all’esecuzione di mansioni ad uno scenario in cui subentra un livello di consapevolezza maggiore dei rischi presenti e della necessità di collaborare per ridurli ed eliminarli.

Alcuni suggerimenti per coinvolgere i lavoratori e dimostrare la conformità alla norma potrebbero ad esempio essere:

  • Analisi SWOT compilate dai singoli lavoratori;
  • Riunioni con relativi verbali;
  • Cassette di suggerimenti;
  • Periodiche visite nei reparti da parte dei responsabili con colloqui ed interviste al personale;

Affinchè la consultazione e la partecipazione possano avvenire l’organizzazione deve:

  • Fornire modi, tempi, formazione e risorse necessarie per la consultazione e partecipazione;
  • Garantire l’accesso ad informazioni chiare, comprensibili e pertinenti al sistema di gestione per la sicurezza;
  • Individuare ed eliminare, o ridurre al minimo, gli ostacoli o le barriere alla partecipazione.

Le barriere e gli ostacoli si possono intendere come la mancata risposta alle richieste od ai suggerimenti dei lavoratori, le barriere linguistiche o culturali, ritorsioni o minacce di ritorsioni nel caso di lamentele o critiche.

In conclusione la consultazione e la partecipazione dei lavoratori implica un dialogo ed uno scambio a due direzioni tra l’Organizzazione e le maestranze: la prima deve mettere a disposizione dei lavoratori, o dei loro rappresentanti, le informazioni necessarie affinché i secondi possano fornire un feedback che dovrà essere preso in considerazione prima di prendere una decisione.

Questo è da considerarsi il vero cambio sostanziale dalla 18001 alla 45001 e dovrà rappresentare un impegno per tutte le Organizzazioni, sia quelle impegnate nella transizione dal precedente standard, sia quelle che desiderano implementare ex novo la nuova norma.