Il quadro della disciplina e le tipologie di sanzioni previste dal Decreto
Anche nei confronti degli Enti responsabili, così come nei confronti di chi commette i reati, buona parte del ruolo di prevenzione viene svolto dal sistema sanzionatorio.
Nel caso degli Enti, a differenza che per le persone loro sottoposte, le sanzioni sono statuite dallo stesso Decreto 231.
L’Ente responsabile per un reato commesso da un soggetto appartenente alla sua struttura organizzativa può essere condannato con una delle seguenti sanzioni:
Per quanto riguarda le sanzioni amministrative, l’art. 10 del Decreto sancisce che per l’illecito dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria e che per la sua determinazione il Giudice fa riferimento al meccanismo delle quote che si articola in due parametri:
Le sanzioni interdittive comportano una limitazione temporanea (non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni) dell’esercizio di una facoltà o di un diritto legato all’attività di impresa dell’Ente. Ai sensi dell’art. 13 del Decreto, esse si applicano in relazione ai reati per i quali sono espressamente previste e quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:
Un’alternativa alla sanzione interdittiva può essere la nomina da parte del Giudice di un commissario. L’art. 15 del Decreto dispone infatti che in luogo dell’interruzione temporanea dell’attività può essere disposto il commissariamento dell’Ente ma solo se sussiste una delle seguenti condizioni:
In ordine alla confisca, l’art. 19 del Decreto stabilisce che nei confronti dell’Ente è sempre disposta, con sentenza di condanna, la confisca del prezzo o del profitto del reato salvo che per la parte che può essere restituita al danneggiato.
In ultima analisi, l’art. 18 del Decreto stabilisce che la pubblicazione della sentenza di condanna può essere disposta quando nei confronti dell’Ente viene applicata una sanzione interdittiva; tale sanzione amministrativa ha un carattere accessorio in quanto la sua applicazione può avvenire solo contestualmente a una sanzione amministrativa ed è adottata in base alla discrezionalità del Giudice. La pubblicazione della sentenza di condanna opera nei casi più gravi come pubblicità denigratoria nei confronti dell’Ente responsabile.
In cosa consiste adottare ed attuare un MOG?
Adottare e attuare un Modello Organizzativo efficace vuol dire progettare ed applicare un meccanismo basato sul contemporaneo esercizio di delega e controllo, ovvero di direzione e vigilanza che possa:
I passi logici per la costruzione ed implementazione del MOG si basano sulla sequenza delle prescrizioni di cui agli artt. 5, 6 e 7 del D. Lgs. 231/2001 e devono partire da una doverosa sessione di risk assessment, ovvero di attività di analisi volta alla determinazione e delimitazione delle aree di rischio potenziale e delle aree critiche sulle quali deve maggiormente focalizzarsi il rischio stesso.
Le attività per realizzare un Modello Organizzativo “231” saranno quindi:
Sommariamente, relativamente alle caratteristiche delle 3 fasi sopra elencate, si può affermare che:
La ripartizione dell’onere della prova a seguito della commissione di un reato commesso da parte di un suo soggetto apicale o sottoposto
A seguito della realizzazione di una delle figure criminose di cui al Decreto, l’Ente si deve difendere dimostrando l’esistenza congiunta di tutti i requisiti richiesti con modalità diverse a seconda di chi è stato imputato di reato: apicale o sottoposto.
Nel caso di reato commesso da figura apicale, se l’Ente vuole essere esentato da responsabilità deve dimostrare, con onere della prova a suo carico di:
Nel caso invece di un reato commesso da sottoposto di figura apicale, l’Organizzazione non sarà responsabile se la pubblica accusa, con un ribaltamento dell’onere della prova rispetto agli apicali, non riesca a dimostrare che:
Quali sono gli elementi sulla base dei quali è possibile delineare una responsabilità dell’Organizzazione
Affinché si possa configurare un coinvolgimento dell’Ente per un reato commesso da parte dei suoi amministratori, manager e/o dipendenti, è necessario che siano presenti determinate condizioni, sia soggettive che oggettive.
Le condizioni soggettive riguardano la tipologia di persone e la tipologia di Ente assoggettabile, mentre quelle oggettive concernono la tipologia di reato e la condizione di vantaggio o interesse per l’Ente.
Per quanto riguarda la tipologia di persone, ci si riferisce alle caratteristiche che deve avere il soggetto che commette il reato affinché l’Ente possa essere chiamato ad una qualche responsabilità.
In base ad una stretta interpretazione del Decreto è possibile individuare:
SOGGETTI APICALI
SOGGETTI SOTTOPOSTI AGLI APICALI
In relazione alla tipologia di Ente assoggettabile è possibile affermare che, in base alla lettura del Decreto, esso si applica di fatto a qualsiasi Ente privato o pubblico con un qualsivoglia interesse privato e che persegua in modo organizzato il fine di realizzazione di un profitto.
Si precisa che l’applicabilità riguarda Enti forniti di personalità giuridica e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Restano esclusi lo Stato, gli Enti Pubblici Territoriali, gli altri Enti Pubblici non economici che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Passando in rassegna i requisiti oggettivi, per quanto riguarda la tipologia di reati che possono determinare un coinvolgimento dell’Ente ci si rifà direttamente al catalogo di cui al Decreto che ne individua 18 categorie specifiche.
L’altro requisito oggettivo, la condizione di vantaggio o interesse per l’Ente, si sostanzia infine nel fatto che sia necessario che la condotta criminosa dell’individuo sia attuata nell’interesse o a vantaggio dell’Organizzazione.
In termini pratici, l’interesse è una situazione di carattere qualitativo, non misurabile ed esistente ancora prima di commettere il reato.
Il vantaggio, invece. è una condizione quantitativa e si può valutare solo a fatto compiuto, ovvero misurando l’utilità marginale che la condotta criminosa ha procurato all’Ente.
L’alternatività di queste due condizioni lascia poche maglie alla possibilità che l’Ente NON sia chiamato a rispondere per la mancanza di interesse o vantaggio. Questi infatti possono combinarsi in diverse situazioni: